Ruggero Baccini, anarchico di Velletri e compagno di Marie Justine Pierrine Vauthier (Pierina) documentazione 1922-1931


Ruggero Baccini, anarchico di Velletri
 e
compagno di Marie Justine Pierrine Vauthier (Pierina)
1886-1931
di
Stefano Viaggio

Ruggero Baccini, primo da destra in una fotografia del 1931 insieme a Guido Rusconi, Camillo Berneri, Marie Louise e Giliana Berneri, Anna Caleffi, moglie di Berneri[ACS-CPC-Fasc.237 Camillo Berneri]

"Si trasmette a codesta ON. Divisione l'unita fotografia in gruppo di Berneri, Rusconi e di un terzo individuo che - a dire di un fiduciario molto pratico degli ambienti anarchici - è un romano, solito a usare diversi nomi. Costui ora si fa chiamare Occhioni Ruggero ed abita un appartamento presso il Restaurant Vegetarien, in Rue Mathis a Parigi. E' conosciuto da tutti sotto il nome di Ruggero, e ci tiene molto ad essere anarchico, conosce molti di questi, specialmente il Berneri, e vive simulando infortuni sul lavoro per farsi pagare l'assicurazione-premio. Trattasi, in sostanza, di un vagabondo meritevole di vigilanza. Si è interessato, per l'identificazione, di detto individuo, un fiduciario di assoluta fiducia, e, mentre si fa riserva di riferire ulteriormente, pregasi, allo scopo di non creare interferenze, omettere qualsiasi indagine all'estero." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Il vagabondo meritevole di vigilanza, primo a destra nella fotografia acclusa alla nota informativa della Divisione di Polizia Politica numero 500/4126, datata 25 febbraio 1931, è Ruggero Baccini. Appare come un uomo di mezza età: siede sugli scalini di una casa parigina insieme a Camillo Berneri, dirigente e intellettuale anarchico di primo piano nell'emigrazione italiana all'estero durante la dittatura fascista, Guido Rusconi*, la moglie di Berneri, Giovanna Caleffi e le loro figlie, Marie Louise e Giliana. [*Guido Rusconi, Bergamo 1887-Zurigo 1944 o 45, anarchico emigrato in Svizzera, nel 1926 colpito da mandato di cattura per diserzione e iscritto nella rubrica di frontiera. Nel 1928, Rusconi è sospettato dalla Regia Legazione Italiana di Berna di far parte di un complotto anarchico mirante all'uccisione di Benito Mussolini. Queste notizie sono tratte dal sito web "Cantiere biografico degli anarchici italiani in Svizzera." Su Rusconi presso l'Archivio Centrale dello Stato, CPC, è conservato il fascicolo 4494] 
In realtà l'informatore sembra aver commesso un errore: il numero 2 accanto all'uomo alle spalle di Ruggero Baccini e che riporta in basso il nome di Rusconi, non è l'anarchico italiano rifugiato in Svizzera, ma il fratello di Ruggero, Silvio Baccini, anche lui esule in Francia. 
E' possibile che Ruggero Baccini viva in Francia sin dal 1922, anno cruciale nella storia italiana, e forse nel febbraio del 1931 ha già conosciuto Marie Justine Pierrine Vauthier, più giovane di 22 anni e alla quale si lega con un rapporto sentimentale che sarà purtroppo breve ma, crediamo, intenso. Da un altro appunto della Divisione di Polizia Politica, datato 25 marzo 1931, apprendiamo che Baccini vive "maritalmente con Vauthier Maria, nata il 13 febbraio 1908". Baccini, che in questo documento è indicato sempre come Occhioni Ruggero, "abita da circa 4 anni al n. 40 rue Mathis, Paris in un locale dipendente dal ristorante vegetariano." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Baccini è fuggito in Francia per evitare il carcere e nel suo fascicolo personale, conservato nel Casellario Politico Centrale presso l'Archivio Centrale dello Stato, uno dei primi documenti che raccontano la sua storia è datato 20 ottobre 1922.
Dal Ministero dell'Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, viene inviato un fonogramma alla  Direzione Affari Generali e Riservati in cui si comunica che:
"Ore 1,30 ieri anarchico Ruggiero Baccini fu Ferdinando anni 36 carrettiere di Velletri, piantonato in quell'Ospedale Civile siccome imputato per mancato omicidio, in osservanza pena eludeva vigilanza carabinieri Proietti Sante e Santacroce Savino, comandati di piantonamento, riusciva evadere. Attuate subito ricerche, si proseguono attivamente. Il Direttore Capo della Divisione Polizia Giudiziaria."[ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Alla data del 20 ottobre mancano solo 8 giorni alla "marcia su Roma", l'atto politico-militare con cui il fascismo conquista il potere in Italia. E' la prima tappa di un processo che porterà nel giro di quattro anni alla dittatura; la "marcia su Roma" è preceduta da una guerra civile a "bassa intensità" che in alcune regioni dell'Italia centro-settentrionale raggiunge livelli molto alti e  in cui si consuma la prospettiva di crescita democratica in un paese uscito vittorioso, ma stremato e diviso, dalla Prima Guerra Mondiale.
Nel 1922 Ruggero Baccini ha 36 anni; è nato a Velletri nel 1886 ed ha alle spalle una vita da militante anarchico. Dal documento che abbiamo appena letto emergono due fatti: Baccini è ricoverato in ospedale perché è stato ferito ed è contemporaneamente imputato di mancato omicidio. Le due cose sono avvenute in tempi diversi.
L'accusa di mancato omicidio risale ad un avvenimento di due anni prima, 1920, e la degenza in ospedale a un altro che si è verificato il 18 agosto 1922, nel pieno dell'offensiva fascista contro le organizzazioni della classe operaia. Abbiamo la possibilità di seguire questi due momenti nella vita di Ruggero Baccini grazie alle collezioni digitali di Avanti!, organo del Partito Socialista Italiano.    
da Avanti!, giovedì 30 settembre 1920
"Un eccidio a Velletri-I carabinieri sparano sulla folla 2 morti e 16 feriti
Velletri 29, A Velletri da tempo esisteva una forte agitazione di contadini. L'agitazione si sarebbe svolta nella forma più ordinata e più pacifica se non fossero intervenuti degli elementi non chiaramente ancora definiti. A un certo momento difatti l'agitazione che non era condotta direttamente dalla Federazione Lavoratori della Terra e nemmeno dai socialisti ma da un comitato di agitazione speciale, fu quasi diffidata, tanto che alcune trattative che dovevano avvenire ieri l'altro furono rimandate e forse si terranno domani. Ieri però la popolazione si riunì, senza alcuna intesa spontaneamente, in piazza e commentava e discuteva. Come accade spesso, ma un gruppo di giovinotti si avviava verso il centro del paese cantando inni sovversivi. Il gruppetto era seguito da un lungo corteo di carabinieri superiore allo stesso numero dei dimostranti. Uscito il gruppo dal paese i carabinieri chiusero gli sbocchi della strada per impedire ai giovani di ritornare sui loro passi. Il gruppo tentò di forzare i carabinieri e avvenne un piccolo urto fra carabinieri e giovinotti. Il contatto non avrebbe avuto alcuna seria conseguenza, perché non si trattava che di ragazzi. Ma all'improvviso senza alcuna seria provocazione da parte della folla, il maresciallo dei carabinieri esplodeva vari colpi di rivoltella seguito da altri sparati all'impazzata. Un gruppo di testimoni, fra cui i negozianti vicini al luogo dell'accaduto, possono testimoniare questo. Alla scarica ne è seguito un fuggi fuggi generale e sono rimasti a terra 2 morti e 16 feriti. Velletri è oggi in completo stato d'assedio. Il sottoprefetto ha proibito gli assembramenti e ogni comizio. E' giunto stamane l'onorevole Monici il quale si è recato subito dal sottoprefetto per far revocare l'ordine che proibiva i comizi e alle 11 ha parlato alla folla in un gran comizio. L'onorevole Monici ha vistato quindi i feriti ricoverati all'ospedale  e assieme ai compagni della Sezione socialista, sta procedendo a un'inchiesta per l'accertamento delle responsabilità."
Da quanto leggiamo su Avanti! sembra che gli incidenti abbiano origine dall'azione di un gruppo spontaneo, "autonomo" dal sindacato, che da mesi sta conducendo una dura battaglia rivendicativa di cui sono protagonisti i contadini di Velletri e della zona dei Castelli Romani. [su questi avvenimenti si rimanda al libro di Ugo Mancini, Lotte contadine e avvento del fascismo nei castelli romani, Armando Editore, 2002].
E' una situazione che si verifica in molte zone dell'Italia rurale e in questo movimento, che sarà poi definito "diciannovismo", si agitano le pulsioni scaturite dall'avversione alla guerra, vinta al prezzo di durissime sofferenze sopportate da un esercito costituito nella sua maggioranza da contadini, le suggestioni evocate dalla rivoluzione d'Ottobre e la voglia di regolare i conti con coloro che nel 1915 avevano voluto l'entrata in guerra dell'Italia. E' un movimento eterogeneo in cui gli anarchici sono presenti e che sfugge spesso al controllo delle organizzazioni tradizionali del movimento operaio e contadino. C'è in tutto questo una secolare "fame di terra": i contadini vogliono che la promessa di ridistribuzione delle terre e di una vera riforma agraria, proclamata dal governo dopo la disfatta di Caporetto, sia mantenuta. I socialisti massimalisti promettono la rivoluzione proletaria, ma, come accertato storicamente dai numerosissimi studi e testimonianze su questo periodo della storia italiana, non fanno niente per organizzarla e c'è una parte di essi, fra cui Filippo Turati e i dirigenti della CGdL, che non la vogliono o non ci credono. Sperano che l'onda passi e si possa ritornare a una certa normalità per riavviare una politica realmente riformista: cosa che si rivela impossibile, anche per la scelta delle classi dirigenti italiane di affidarsi al fascismo dopo la fine dell'occupazione delle fabbriche nel 1920.
Si è molto parlato e discusso (soprattutto a sinistra) di tradimento della rivoluzione nell'Italia del Biennio rosso, ma, come i fatti poi dimostreranno, neanche la maggioranza di operai e contadini sono disponibili per la rivoluzione.  
Lo storico Emilio Gentile ha fornito alcuni dati sulla situazione italiana in "E fu subito regime", in cui analizza la nascita del fascismo e il significato politico della "marcia su Roma"-
"Quando iniziò la pace, l'Italia si trovò in una situazione di guerra civile fra due schieramenti opposti, infiammati dal fanatismo politico, che si combatterono violentemente come nemici irriducibili: da una parte i reduci che erano stati interventisti e si consideravano i difensori della vittoria, e dall'altra i socialisti che condannavano la guerra, dileggiavano i reduci, disprezzavano gli ideali nazionali e volevano fare una rivoluzione proletaria e internazionalista sull'esempio della rivoluzione di Lenin. A render più frequente il ricorso alla violenza nella lotta politica contribuì l'inasprimento della lotta di classe, causato dalla grave crisi economica del dopoguerra, che provocò quotidiane proteste, agitazioni e scioperi organizzati dai socialisti, accompagnati spesso da atti di violenza e da scontri cruenti con la forza pubblica. Fra il 1918 e il 1921, le statistiche della criminalità registrarono un'impennata: i morti per omicidio furono 983 nel 1918, 1.633 nel 1919, 2.661 nel 1920 e 2.750 nel 1921. I delitti di percosse e lesioni personali raddoppiarono da 58.548 nel 1918 a 108.208 nel 1922. I reati contro l'ordine pubblico salirono da 766 nel 1918 a 1.004 nel 1919, 1.785 nel 1920, 2.458 nel 1921. L'abitudine alla brutalità nel combattimento, la familiarità con il pericolo e con la morte, il disprezzo per la vita umana, acquisiti durante la guerra da milioni di uomini al fronte, avevano allentato i freni inibitori all'uso della violenza." [da E fu subito regime di Emilio Gentile, pagg. 3-4, Ed. Laterza 2012]   
In questo quadro di aspro scontro sociale, va comunque detto che le masse lavoratrici italiane percepivano la presenza e il controllo delle forze dell'ordine, Carabinieri e Guardie regie, come un tradizionale e aperto sostegno agli interessi padronali e la rappresentanza di uno Stato che non si mostrava affatto "neutrale" nelle lotte rivendicative e di protesta.
La scheda biografica di Ruggero Baccini, contenuta nel suo fascicolo personale numero 2128, dà dei fatti di Velletri una versione diversa che riflette, come l'articolo di Avanti!, la situazione di grande tensione che sta vivendo l'Italia.
"Nella sera del 28 settembre 1920 in occasione di una dimostrazione popolare di carattere economico in Velletri, il Baccini con la correità di alcuni compagni che non si poterono identificare, all’ordine di scioglimento della dimostrazione stessa, esplodeva contro gli agenti della forza pubblica un colpo di rivoltella, dandosi, poi subito alla latitanza. Arrestato in seguito, fu trovato in possesso di un lungo coltello: denunziato anche per mancato omicidio, quale responsabile dei fatti della sera del 28 settembre detto, venne poscia, scarcerato in base ad ordinanza della Sezione di Accusa presso la corte di Appello di Roma, in data 12 aprile 1922, e sottoposto ad alcuni obblighi, quali quelli di residenza in Velletri e della buona condotta in attesa di giudizio." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Sembra, da questo documento, che dalla fine del 1920 alla primavera del 1922, Baccini abbia trascorso quasi due anni in carcere mentre in Italia la situazione politica cambiava. Lo scontro di classe  volge a favore della destra reazionaria che dopo l'occupazione delle fabbriche, ha deciso di finanziare il fascismo con un'offensiva armata che mette in ginocchio le organizzazioni operaie.
La scheda biografica, come per tutte le persone schedate dalla polizia, fornisce alcune informazioni su Baccini riguardanti gli anni precedenti la manifestazione del settembre 1920.
“Baccini Ruggero, fu Ferdinando e di Cari Casilde, nato a Velletri il 31/3/1886, fornaio, celibe, domiciliato in Velletri in piazza S. Salvatore n. 54. Militare di III categoria. Statura 1, 75. Capelli Castani. Viso bianco largo. Fronte larga. Sopracciglia castane. Naso rettilineo. Occhio larghe. Baffi rasi. Barba rasa. Bocca media. Collo lungo. Spalle larghe. Andatura dondolante. Espressione fisionomica truce. Abbigliamento abituale decente. Segni speciali cicatrice sul lato sinistro del petto quasi in direzione del cuore. Cenno biografico al giorno 10-5-1926. Nella opinione pubblica riscuote cattiva fama per le opinioni anarchiche che apertamente professa. E’ di carattere violentissimo e ritenuto, perciò, molto pericoloso. E’ senza educazione, ma di intelligenza svegliata. Non ha coltura. Ha frequentato le scuole elementari. Lavoratore fiacco, preferisce vivere nell’ozio. Pare che ora si trovi in Francia. A Velletri esercitava il mestiere di fornaio, ma esigeva denaro dalla propria madre per soddisfare ai suoi vizi. Frequentava assiduamente la compagnia di anarchici e di pregiudicati. Verso la famiglia si comportava male. Mai ha ricoperto cariche amministrative e politiche. Dopo avere risieduto per molti anni in America tornò a Velletri nel 1919, facendosi subito notare per l’attiva propaganda delle sue idee, tanto che il gruppo anarchico, allora esistente in quella città, e che contava pochi aderenti, divenne ben presto più numeroso e molti ne furono i simpatizzanti specie tra i disertori." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Al di là dei giudizi di carattere morale e di comportamento di origine "lombrosiana" e in cui si insiste sulla particolare cattiveria della persona (d'altra parte ricorrenti in quasi tutte le schede degli antifascisti e in particolare degli anarchici), veniamo a conoscenza che Baccini è emigrato negli Stati Uniti d'America in una data imprecisata ed è tornato in Italia nel 1919.
Nelle righe conclusive della scheda c'é però un'informazione sulla presenza di Ruggero Baccini negli Stati Uniti d'America.
"Ha dimorato in America, come sopra si è detto, per molti anni, ma non risulta che colà abbia riportato condanne e che ne sia stato espulso." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
In realtà sembra che la formazione politica di Baccini sia avvenuta durante la sua emigrazione americana: ha dimorato a Paterson, città entrata nella storia non solo per essere stato il luogo da cui partì Gaetano Bresci per compiere l'attentato contro il re d'Italia Umberto I, ma per essere il maggior centro di concentrazione degli operai setaioli di origine italiana e dove le idee anarchiche trovarono grande diffusione. Gli operai di Paterson ingaggiarono lotte durissime contro gli industriali della seta, che imponevano una condizione di sfruttamento senza limiti. Le informazioni su Baccini a Paterson provengono da un libro dello storico americano Paul Avrich, "Sacco e Vanzetti. The anarchist background" in cui leggiamo: "Ruggero Baccini ha lottato contro le squadre fasciste nel suo natio Lazio dopo essere ritornato da Paterson, nel New Jersey, dove era stato influenzato dall'anarchico Filippo Ceci ed era diventato membro di una frazione di azione diretta che aveva il nome di -gli insorti-" [da "Sacco e Vanzetti. The anarchist background" di Paul Avrich, Edizioni Paperback 1996, pag 157].
Da quanto scrive Avrich si può desumere che a Paterson Baccini abbia acquisito un'esperienza politica che lo porta, dopo il suo ritorno in Italia, a divenire un leader in una cittadina attraversata da una tensione sociale molto forte e dove si possono sperimentare le idee dei gruppi anarchici più decisi a lottare contro lo stato borghese.
Il ritorno in Italia di Baccini è stato motivato dall'offensiva del governo nordamericano scatenata proprio nel 1919, all'indomani della fine della Grande Guerra, contro i gruppi cosiddetti "galleanisti"?
I seguaci di Luigi Galleani, esponente anarchico di primo piano nell'emigrazione italiana nel Nord America e fautore dell'azione diretta, erano accusati di numerosi attentati.
Dopo i fatti del 1920, nonostante il carcere e l'offensiva fascista iniziata nella primavera del 1921, Ruggero Baccini non ha cambiato le sue idee e non ha modificato il suo ruolo di agitatore politico: è considerato un personaggio scomodo.
Nel clima di violenza che precede la "marcia su Roma" rischia di essere ucciso. Ritroviamo la cronaca di questo fatto  ancora su Avanti!.
da Avanti!, domenica 20 agosto 1922
"Un assassinio fascista a Velletri
Roma, 19. Si ha da Velletri, 19: Alle 21 di ieri il signor Marcello Reboani, segretario del sotto comitato della Federazione fascista e l'ingegner Lusano Alessandro, pure fascista, si incontrarono con l'operaio Baccini Ruggero e lo svillaneggiarono. Si accese un diverbio e si passò presto ai fatti. Il Reboani riportò la distorsione della mano destra e delle ecchimosi all'occhio sinistro guaribili in 15 giorni. Tutto sembrava finito, senonchè il Reboani uscito dall'ospedale dove era stato curato, passò davanti al caffè Dante ove si incontrò di nuovo col Baccini e con un certo Umberto Azzioldi. Il diverbio si riaccese. Il Reboani era spalleggiato da un certo Cataldi Ciotti, fascista, il quale ultimo trasse senz'altro una rivoltella e sparò contro il Baccini un colpo che lo feriva all'addome. Il Baccini cadde in un lago di sangue. Scorto da alcuni passanti, venne trasportato all'ospedale dove fu dichiarato in grave stato e trattenuto in osservazione essendosi i medici riservati ogni giudizio."
Anche su questo avvenimento la scheda biografica di Baccini riporta in modo notarile i fatti, sorvolando su un aspetto, e cioè che i fascisti si muovevano impunemente nelle strade di Velletri muniti di armi da fuoco.
"Nel 18 agosto 1922, in seguito ad alcuni incidenti tra fascisti e sovversivi, il Baccini, nella Piazza Cairoli di Velletri, rimase ferito abbastanza gravemente da un colpo di rivoltella tiratogli dal fascista Strippoli Cataldo. Mentre era degente in quell’Ospedale civile e piantonato dai militari dell’Arma perché denunziato, in conseguenza degli incidenti sopra accennati, per i reati di violenza privata e lesioni volontarie, riusciva nella notte del 12 ottobre 1922, eludendo la vigilanza a cui era sottoposto, ad evadere da detto nosocomio. Con quest’ultima imputazione, però, essendo venuto meno agli obblighi imposti dalla predetta ordinanza, la Sezione di Accusa presso la Corte di Appello di Roma metteva ordine di cattura contro di lui per la imputazione predetta di mancato omicidio." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Su questo avvenimento esiste un'altra versione fornita da un documento conservato presso l'ACS e catalogato P. S., 1922, B. 153 e che ci è stato messo a disposizione dal Prof. Ugo Mancini, autore del già citato "Lotte contadine e avvento del fascismo nei castelli romani" e che vivamente ringraziamo.
"Il 17 agosto 1922, nella stazione, all'arrivo del treno da Roma, l'anarchico Baccini [non viene indicato il nome] insieme ad altri comunisti aggredì il segretario generale dei fasci del Lazio certo Reboani, producendogli ferite lievi. Poco dopo, sulla piazza Cairoli alcuni fascisti, cercarono la vendetta. Incontrato l’anarchico Baccini, lo ferirono con due colpi di pistola verosimilmente esplosi da tale Tripponi. L’intervento della forza pubblica ha impedito il dilagare degli scontri. A seguito di questi fatti Calza Bini inviò telegrammi a Terracina, Velletri, Ceccano e Montecompatri, invitando i fascisti a prepararsi per dare una “meritata lezione” alla “vigliacca aggressione” subita a Velletri. Lo stesso Reboani fu invitato a chiamare i fascisti dei paesi vicini."
Il ferimento è dell'agosto del 1922: dopo una degenza di quasi due mesi, Baccini riesce a fuggire dall'ospedale di Velletri. L'accusa di aggressione contro l'esponente fascista fa cadere la precedente sentenza per la manifestazione del 1920 e quindi ora è ricercato nuovamente per mancato omicidio; è accusato di essere stato lui per primo a sparare durante la manifestazione. Accusa evidentemente non provata, vista la sentenza di scarcerazione della Corte d'Appello del 12 aprile 1922.
Come accade per tanti altri oppositori rifugiati all'estero, la polizia italiana non smette di indagare su Baccini. L'intenzione è sapere se è tornato in Italia e processarlo. Siamo nell'estate del 1924, nel pieno della crisi del fascismo causata dal rapimento e dall'omicidio di Giacomo Matteotti.
Un documento manoscritto e datato con un timbro della Direzione Generale di Pubblica Sicurezza al 17 giugno 1924, riguarda una perquisizione eseguita a Velletri in casa di Patrizi Angelo dove vengono trovate lettere attribuite a Baccini.
"Nella perquisizione eseguita a Velletri in casa dell'anarchico Patrizi Angelo vennero rinvenute alcune lettere provenienti da Parigi. Si ritiene siano state scritte dall'anarchico Baccini Ruggero, colpito da mandato di cattura per mancato omicidio e responsabile principale dei fatti avvenuti a Porta Romana di Velletri il 28 settembre 1920"[ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Sui legami tra Ruggero Baccini e Angelo Patrizi, che sembrano anche di parentela (le rispettive madri hanno lo stesso cognome), ci viene in aiuto un altro documento messo a disposizione dal Prof. Ugo Mancini.
"ACS, P. S., 1924, B. 92. Il 5 giugno del 1924 Angelo Patrizi di Velletri, fu Luigi e Maria Baccini, di professione fornaio, definito anarchico, ha ricevuto tre copie del giornale “La Rivendicazione” stampato a Parigi. La perquisizione nella sua abitazione portò al sequestro di numerose altre stampe sovversive, di tessere in bianco della federazione giovanile comunista, di due lettere a firma Romolo Arma, di una tessera del Partito comunista intestata al Patrizi, di una lettera firmata Giuseppe Colombi proveniente dal carcere di Torino e di altre lettere attribuibili all’anarchico Ruggero Baccini, colpito da mandato di cattura per mancato omicidio e principale responsabile dei fatti di Porta romana del 28 settembre 1920. Palombi Giuseppe è in carcere per reati di stampa. Il fatto che Patrizi fosse in rapporto con anarchici a Genzano ha indotto le autorità ad organizzare anche in quel comune e ad Albano perquisizioni nelle abitazioni di anarchici e comunisti. Di patrizi si dice che sia sposato con tale Adalgisa Gabrielli. La coppia visse nei locali della Camera del Lavoro - dove la Gabrielli era occupata in qualità di portiera - fino al 1921, quando la sede venne occupata dai fascisti. Successivamente la loro nuova abitazione divenne rifugio per gli antifascisti non solo velletrani ma di tutti i Castelli Romani, specialmente di Genzano."
La Prefettura di Roma si mette in contatto con l'Ambasciata italiana a Parigi e comunica che le lettere firmate da Luigi Marchini, abitante nell'Hotel Lyon, Rue Montreuil 99, sono da attribuirsi a Baccini: chiede di sapere se è ancora in Francia. Intanto il Prefetto di Roma, Riccardo Zoccoletti, informa il Ministero dell'Interno che una fotografia di Baccini, trovata nel corso della perquisizione, è stata inviata assieme alle notizie richieste in data 15 luglio 1924. Informa, inoltre, che i sovversivi Patrizi Angelo di Velletri, Bernardini Timoteo, Buttaroni Salvatore, Abbatini Giulio di Genzano sono stati arrestati. Il 6 ottobre l'Ambasciata d'Italia a Parigi scrive alla Direzione Gen. di Pubblica Sicurezza: la notizia è che Ruggero Baccini ha alloggiato in Rue Montreuil dal 15 settembre 1923 al 4 febbraio 1924, ma si è allontanato per ignota destinazione. Ora il sospetto è che l'anarchico sia tornato in Italia. Il Prefetto di Roma scrive nuovamente al Ministero dell'Interno, Direzione Generale Affari Generali e Riservati, siamo al 21 novembre 1924.
"In risposta alla lettera controdistinta mi pregio di significare che l'anarchico Baccini Ruggero fu Ferdinando, non è stato finora rintracciato. Sono già state date disposizioni per la intensificazione delle ricerche, allo scopo di conseguirne la cattura." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
I timori per un rientro in Italia sono confermati dal fatto che agli informatori dell'Ambasciata Italiana non risulta che Baccini sia a Parigi. In una lettera datata 14 aprile 1925, la Prefettura di Roma informa l'Ambasciata Italiana a Parigi che:
"In relazione a precedente corrispondenza alla nota ministeriale del 18 febbraio u.s. N 6312 R, mi pregio di significare che da riservate indagini esperite risulta che l'anarchico Baccini Ruggero fu Ferdinando dimorerebbe attualmente a Marsiglia o in quei dintorni. Il Prefetto Paolo D'Ancona" [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
La fotografia di Baccini trovata in casa di Angelo Patrizi, viene inviata all'Ambasciata di Parigi.
Nel settembre 1925, giorno 27, un telegramma del Min. dell'Int. Div. Affari. Gen e Riservati al Sottoprefetto di Velletri chiede di accertare con urgenza le generalità dell'anarchico Agamennone, nome sotto il quale si nasconderebbe Ruggero Baccini.
"Pregasi accertare d'urgenza, riferire telegrafo esatte generalità anarchico Agamennone, nato costà, non meglio identificato già residente a Parigi et che sarebbe rientrato Regno per compiere attentato contro Alte Personalità, indicando se sia stato costà rintracciato, et in tal caso vigilandolo rigorosamente senza mai perderlo di vista e segnalandolo questa Autorità P.S. qualora fosse per dirigersi Roma. Pel Ministro Crispo Moncada" [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Il cognome di questo Agamennone nel telegramma però risulta indecifrabile. Crispo Moncada, capo della polizia, scrive nuovamente all'Ambasciata italiana a Parigi, chiede di specificare il cognome, raccomanda indagini accuratissime e autorizza le spese per i fiduciari.
Da Parigi giunge la notizia che il cognome di Agamennone è Taloni (poi corretto in Talone). Ma il 30 agosto 1925 un telegramma da Velletri esclude che un certo Agamennone Eudoro, pensionato delle ferrovie ed ex militante nel Partito Popolare, che aveva subito rappresaglie dai fascisti di Genzano per fatti personali, possa essere l'Agamennone di cui si parla nei dispacci precedenti.
Baccini risulta introvabile, dal Consolato di Marsiglia fanno sapere che non è stato rintracciato; anche dall'Ambasciata di Parigi le notizie sono negative. Intanto il fratello di Ruggero, Silvio Baccini, è espatriato clandestinamente in Francia e si trova a Parigi.

Due fotografie di Silvio Baccini tratte dal fascicolo 3496, presente nel Casellario Politico Centrale dell'Archivio Centrale dello Stato
E' del 13 febbraio 1927 la copia manoscritta di una nota della Prefettura di Torino in cui si scrive che nel corso di una perquisizione nell'abitazione di Cioccani (o Cioccari) Settimio è stato rinvenuto un sacchetto contenente vestiario che doveva essere spedito a Virginia Casora, residente a Parigi, rue Crimée 241. Il pacco sarebbe stato consegnato a Cioccani da Clotilde (leggi Casilde) Baccini, madre di Ruggero e Silvio; nel corso di un interrogatorio Casilde ha dichiarato che il pacco era diretto a Silvio Baccini. La questura di Roma però ritiene che invece fosse indirizzato a Ruggero.
La perquisizione in casa di Cioccani o Cioccari, deve essere messa in relazione a un fatto accaduto alcuni giorni prima. Il Regio Commissario Mandamentale di PS di Velletri informa il Procuratore del Re di Velletri, è il 30 gennaio 1927, che a carico di Passeretti Adolfo, Gabrielli Domenico, Mattoccia Carlo, Bianchi Antonio (cognato di Ruggero e Silvio*), Colozza Alessandro, Cioccari Settimio e altri c'é una denuncia. Il documento è incompleto e parte dal fermo di Antonio Giacobono alla stazione di Bardonecchia. Nei bagaglio di Giacobono, proveniente da Parigi, sono state trovate alcune lettere indirizzate a persone di Roma e Velletri, scritte forse dai fratelli Baccini con istruzioni per chi volesse espatriare in Francia.
[* Su Antonio Bianchi, un altro documento messo a disposizione dal Prof. Ugo Mancini, fornisce le seguenti informazioni.
ACS, Cpc, B. 613  Gennaio 1928.
"Bianchi Antonio fu Antonio e Quattrini Maria, nato a Velletri il 22.10.1890, stagnaro, comunista. Le ricerche sul destinatario di una lettera indirizzata a Giacomobono Antonio col nomignolo o nome convenzionale Pappanello, anziché Passanella, hanno condotto sommariamente a Passaretti Adolfo, fu Ludovico e di Navacci seconda, nato a Velletri il 29.9.1882, colà domiciliato, cameriere. Passeretti risulta che abbia fatto parte del partito socialista ufficiale. Nell'ottobre del 1920 in casa sua furono rinvenuti opuscoli sovversivi di propaganda anarchica, nel 1916 trovandosi al fronte inviò una sua foto in divisa al comunista pericoloso di Velletri Patrizi Angelo con la scritta "Ricordo della carneficina europea". Passeretti fu arrestato con altri sovversivi di Velletri tra cui Bianchi Antonio, per il presunto tentativo di rifugiarsi in Francia ma su assolto. A sua carico, risultano le seguenti condanne: 1924 tre mesi per furto, 1901, tre mesi per oltraggio, 1893 un mese per furto, ancora nel 1924 tre mesi per furto. Il Passaretti nel 1927 si segnala che professa sempre le stesse idee ed è avverso al regime nazionale ma non dà luogo a comportamenti riprovevoli e si è dato ad assiduo lavoro. Banchi Antonio nel gennaio del 1928 fu arrestato per l'art. 160 del T.U. delle leggi di Ps ma fu assolto insieme con altri comunisti. Egli è cognato di noti anarchici catturati come Baccini Ruggero e Baccini Silvio, fu Ferdinando che risultano emigrati in Francia. Al momento non si comporta in maniera riprovevole ma è rimasto fedele ai suoi principi politici. Veste con ricercatezza."]
Il 10 marzo 1927 il Ministero dell'Interno, Div. Affari Gen. e Ris. invia all'Ambasciata Italiana a Parigi e alla Div. di Pol. di Frontiera e Trasporti, una relazione firmata dal Capo della Polizia.
"Con foglio 28 febbraio u.s. la locale Questura ha comunicato quanto segue: Il 9 gennaio scorso vennero fermati alla stazione di Bardonecchia, provenienti dalla Francia, il comunista Giacobono Antonio di Giuseppe, anni 26 da Pontecorvo, al quale furono sequestrate varie corrispondenze di carattere sospetto, corrispondenze che vennero a suo tempo, in seguito a richiesta, inviate a questo ufficio per ulteriori indagini, avute riguardo che le corrispondenze stesse riguardavano tale Settimio Cioccari qui residente ed altre persone domiciliate a Velletri. Dalle indagini ed accertamenti disposti da questo ufficio di intesa con l'ufficio di P. S. di Velletri si sono potuti stabilire elementi di responsabilità a carico di vari sovversivi per cui, come si rileva, dalla denuncia qui allegata in copia, i medesimi furono arrestati e denunciati all'A.C. di Velletri per il reato di cui all'art. 160 testo unico legge di P.S. Gli arresti suddetti sono stati mantenuti dall'A.C. che procede ai sensi dell'articolo suddetto, ed è stato inoltre spiccato mandato di cattura a carico di Silvio Baccini, latitante, residente a Parigi e contro Giacobono Antonio, giunto di recente nelle carceri di Velletri.  Prego codesto On. Ministero fare possibile accertare se il pericoloso anarchico schedato Baccini Ruggero fu Ferdinando iscritto al N 1388 del Bollettino Ricerche N. 51 del 2 marzo 1923 ed al N. 5341 del Bollettino 24 luglio 1924 ed il fratello Baccini Silvio abbiano tuttora recapito a Parigi Rue Crimée 233 presso Virginia Capra. Nel segnalare ciò a codesta On. Ambasciata, per opportuna conoscenza, si prega di far conoscere quanto risulti in merito all'attuale recapito dei fratelli Baccini."  [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Il 27 giugno 1927 la Prefettura della Prov. di Roma comunica al Min. dell'Int., Dir. Gen. di P.S., che da ulteriori indagini, Baccini Ruggero e Silvio si troverebbero a Parigi in Rue Crimée 233, Hotel Restaurant Muccini. Ma intanto apprendiamo un fatto nuovo: il processo a carico di Ruggero è giunto alla sua conclusione.
In un documento inviato dalla Prefettura della Provincia di Roma al Min. dell'Int. Dir. Gen. di P.S. il 15 luglio 1927, si comunica che Ruggero Baccini è stato condannato a 20 anni di reclusione.
"Pregiomi informare cotesto On. Ministero che in data 8 andante la Corte d'Assisi di Velletri ha condannato in contumacia il noto anarchico Baccini Ruggero fu Ferdinando, oggetto da ultimo della mia nota 27 giugno u.s. pari numero, anni 20 di reclusione, tre di vigilanza speciale della P.S. e all'interdizione perpetua dei pubblici uffici, condonando anni sei e mesi tre per indulto e amnistia, per correità in mancati omicidi, assolvendolo dal reato di oltraggio agli agenti della forza pubblica, e ordinandone la cattura." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Tutta la documentazione sulle indagini riguardanti i movimenti, veri o presunti, di Ruggero Baccini hanno per sfondo la crisi definitiva dello Stato liberale in Italia e l'avvento della dittatura fascista. Il fascismo poteva essere estromesso dal potere dopo il ritrovamento del cadavere di Giacomo Matteotti? La scissione parlamentare, detta Aventiniana, avrebbe potuto provocare una crisi irreversibile del fascismo, ma le opposizioni peccarono di timidezza e si affidarono ad un gesto del Re che avrebbe potuto ripristinare la legalità nel paese estromettendo Mussolini dal potere. Ma questo gesto non ci fu e il fascismo superò la crisi, mentre le opposizioni antifasciste (liberali e socialdemocratici) rinunciarono a qualunque ipotesi di mobilitazione popolare nel timore che un atto di tal genere avrebbe potuto portare ad una situazione senza controllo e dagli esiti imprevedibili. Il paese, inoltre, era cambiato e il clima degli anni del biennio rosso era ormai un ricordo. Il fascismo aveva aggregato attorno a sé non solo ampi settori del mondo imprenditoriale e finanziario, ma anche strati crescenti della piccola e media borghesia, che apprezzavano il clima di ordine e di modernizzazione che regnava nel paese. Era un clima dominato dalla paura e in cui gli spazi per chi si opponeva si riducevano di giorno in giorno.
Il fatto stesso, come sembrano dimostrare gli ultimi documenti citati, che dalla Francia si tentasse di informare gli antifascisti italiani sui modi più facili e sicuri per espatriare, rivela come gli spazi per chi si opponeva al Regime, anche solo verbalmente, erano diventati esigui o addirittura non c'erano più. La vicenda viene meglio chiarita da documenti successivi.
La copia di una lettera della Questura di Roma datata 26 ottobre 1927, e riguardante agli arresti per espatri clandestini dopo l'arresto a Bardonecchia di Antonio Giacobono, offre maggiori elementi per comprendere l'azione della polizia.
"Esito indagini per l'identificazione di certo Passanella. In relazione alla nota 8 corrente n. 29801/schedario di codesto On. Direzione Generale, comunico che l'individuo indicato come destinatario della lettera sequestrata a Giacobono Antonio col nomignolo o nome convenzionale di Pappanello, anziché Passanella, non è stato possibile identificarlo con certezza assoluta: è però convinzione che quell'individuo è Passeretti Adolfo di Ludovico e di Revacci Seconda, nato a Velletri il 29/9/1882, colà domiciliato, cameriere indicato nella nota del 28 febbraio c.a.p. 963 di questo ufficio. Il Giudice istruttore con ordinanza 30 giugno u.s. dichiarò non doversi procedere per insufficienza di prove a carico di Passeretti, di Bianchi Antonio, di Gabrielli Domenico, e di Colozzi Alessandro ed ha inviato al giudizio del Tribunale Baccini Silvio, Giacobono Antonio e Cioccari Settimio, per rispondere del reato di cui all'art. 60 del T.U. legge P.S. Il Passeretti risulta aver appartenuto al partito socialista ufficiale e durante la guerra iltalo-austriaca fece propaganda antimilitarista. Nell'ottobre 1920, in una perquisizione eseguita nel di lui domicilio da parte dell'Arma dei C.RR. furono rinvenuti e sequestrati opuscoli sovversivi di propaganda anarchica. Nel 1916, trovandosi egli al fronte, inviava una sua fotografia in abito da militare, al noto comunista pericoloso Patrizi Angelo, da Velletri, con la scritta "Ricordo della carneficina europea" che venne poi, rinvenuta e sequestrata in una perquisizione eseguita nel domicilio del Patrizi, nel gennaio di quest'anno. Nella nota corrispondenza sovversiva, sequestrata nel gennaio 1927 alla frontiera di Bardonecchia, al comunista Giacobono Antonio di Giuseppe, da Pontecorvo, e che gli era stata consegnata dai fratelli Baccini Silvio e Ruggero, noti anarchici emigrati clandestinamente in Francia il Passeretti vi era indicato col nome di Passarella e al quale si davano istruzioni per riuscire di varcare clandestinamente la frontiera ed emigrare in Francia. Pertanto il Passeretti fu arrestato insieme ad altri sovversivi di Velletri, e denunziato all'autorità Giudiziaria che lo prosciolse per insufficienza di prove...Il Questore." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Del clima di scontro e sospetto all'indomani della Grande Guerra è significativa quella fotografia inviata da Passeretti con la dedica antimilitarista, che per la polizia è un indizio della pericolosità dell'individuo. Considerare la Guerra mondiale come una "carneficina" era un atto antinazionale.
Una lettera della Questura di Roma riguardante Silvio Baccini e datata 26 novembre 1927, fornisce informazioni sull'espatrio del fratello di Ruggero.
"Questura di Roma con nota n. 025761 del 26/11/1927 comunica che il Baccini Silvio è fratello del noto pericoloso anarchico, catturando, Ruggero Baccini, e con questo ha sempre condiviso le idee di avversione al Regime. Nel settembre 1926 il Baccini Silvio chiese il passaporto per emigrare in Francia unitamente ad altri sovversivi del luogo adducendo che gli occorreva per andare a lavorare nelle miniere di ferro, ma gli fu negato perché era evidente lo scopo della sua andata in Francia, e cioè per raggiungere il fratello Ruggero, da tempo colà rifugiatosi. Nel novembre dello stesso anno, il Silvio Baccini riuscì però ad emigrare in Francia clandestinamente, e dopo pochi mesi fu sequestrata alla frontiera di Bardonecchia, al noto Giacobono Antonio di Giuseppe corrispondenza che gli era stata consegnata dai fratelli Baccini, per portarla alla loro madre in Velletri. In tale corrispondenza era indicato a sovversivi di Velletri il modo per poter espatriare clandestinamente in Francia." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Dopo la morte di Ruggero Baccini, Marie Justine Pierrine Vauthier manterrà rapporti di amicizia con Silvio Baccini, che saranno oggetto di attenzione da parte della polizia italiana. Questa amicizia con Silvio e con alcuni membri della famiglia Baccini (fra cui quella di Antonio Bianchi), si protrarrà anche negli anni successivi la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Con il tirannicidio gli anarchici cercarono di colpire, sin dalla nascita del movimento, il capo, il responsabile, dell'oppressione sulle classi popolari. Monarchi, presidenti, capi di governo e ministri furono uccisi dagli anarchici in tutta l'Europa e non solo. Per questo negli anni a cavallo tra il XIX e il XX, secolo si diffuse tra i responsabili delle forze dell'ordine dei vari paesi europei un vera e propria ossessione per gli attentati degli anarchici. Alcuni furono sventati, altri, come quello di Gaetano Bresci, raggiunsero il loro obbiettivo. Benito Mussolini fu oggetto di alcuni attentati, tutti falliti, che contribuirono anche a far crescere il suo prestigio. La protezione della vita del duce divenne uno dei principali obbiettivi dell'azione delle forze di polizia italiane e dei servizi segreti; anche nei confronti di Vittorio Emanuele Terzo vennero progettati attentati, ma l'obbiettivo di eliminare il re non fu raggiunto. Il più grave attentato terroristico diretto contro la persona del re avvenne a Milano nel 1928, il 12 aprile, in occasione dell'inaugurazione della IX Edizione della Fiera Campionaria. Un ordigno molto potente esplose in mezzo alla folla che attendeva l'arrivo del re: uccise 20 persone e ferì gravemente molte altre. Si trattò del più grave atto terroristico avvenuto durante il ventennio fascista, ma fu anche un fatto a cui non si riuscì a dare precisi responsabili. Le indagini si rivolsero da subito verso gli ambienti antifascisti, ma si arenarono dinnanzi all'inconsistenza degli elementi in mano agli investigatori, tanto che lo stesso Mussolini ordinò di chiudere alcuni filoni d'inchiesta che non portavano a nulla o potevano rivelarsi pericolosi. Questo atteggiamento fu provocato anche dal fatto che sin da subito cominciarono a circolare voci sulle responsabilità del fascismo milanese e sulle lotte interne tra i gerarchi ed esponenti di primo piano, a partire dal federale Mario Giampaoli [su questo episodio della storia dell'Italia e di Milano fascista si rimanda al volume di Carlo Giacchin, "Attentato alla Fiera. Milano 1928" edito da Mursia nel 2009, in cui lo storico con un attento lavoro di ricerca ha cercato di ricostruire il contesto politico in cui avvenne la strage di Milano].
All'indomani dell'attentato, la polizia e i servizi segreti italiani rivolsero la loro attenzione nei confronti degli anarchici e in questo quadro potrebbero essere collocati documenti che riguardano Ruggero Baccini negli ultimi mesi del 1928.
Un dispaccio telegrafico spedito dal Ministero dell'Interno a tutti i Prefetti del Regno il 6 ottobre 1928 avvisa che:
"Viene riferito che anarchico schedato pericolosissimo Baccini Ruggero...si troverebbe nel Regno stop Poiché predetto est capace commettere atti inconsulti et organizzare complotti pregasi accurate indagini per rintraccio et arresto informandone questo Ministero..." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Successivamente, con un messaggio alla Scuola Superiore di Polizia Scientifica, 27 ottobre 1928, il Capo della Polizia chiede:
"Urgentissimo. Si prega di far riprodurre, con la massima urgenza, l'unita fotografia in numero di 130 copie." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
Il 31 ottobre 1928, un telegramma da Parigi informa il Capo della Polizia, Arturo Bocchini, che Silvio Baccini ha dichiarato di non conoscere il recapito del fratello. Sempre il 31 ottobre 1928 la Questura di Roma comunica al Ministero dell'Interno che dagli atti dell'ufficio non risulta il recapito di Baccini a Parigi che viene cercato, senza esito, a Torino e a Treviso.
Ruggero Baccini è di nuovo introvabile e riapparirà nella documentazione sotto il nome di Occhioni. Gli ultimi documenti del suo fascicolo personale lo collocano a Parigi, a Marsiglia e poi in Spagna, dove intanto è stata proclamata la repubblica. Siamo nel 1931 e nel fascicolo Baccini sono inseriti anche i documenti riguardanti il suo legame con Marie Justine Pierrine Vauthier.
In ordine cronologico, l'ultimo documento che lo riguarda è del 13 ottobre 1931; la Div. Polizia Politica, a firma di Di Stefano, comunica alla Divisione Affari Generali e Riservati che:
"L'individuo che si faceva chiamare Occhioni Ruggero non era che il noto anarchico Baccini Ruggero il quale è recentemente morto a Barcellona nell'Ospedale Marittimo di Parque, di tifo." [ACS-CPC-Fasc.2128 Ruggero Baccini]
A quarantacinque anni si conclude così la vita di questo anarchico italiano che ha lottato in nome dell'anarchia e contro il fascismo, riuscendo a sfuggire alle ricerche e all'arresto della polizia cambiando spesso il suo nome. Marie Justine Pierrine Vauthier, a quel tempo molto giovane, avrà altri uomini nella sua vita, ma non dimenticherà Ruggero; nell'ultima lettera a lei inviata da un nipote di Ruggero, Andreino Bianchi (forse figlio di Antonio e la chiama zia), che aveva visitato Barcellona alla fine del 1971 si può leggere:
"Nell'uscire dal porto con la nave si vede sulla collina il cimitero e rivoltomi là ho deposto sul mare un fascio di garofani Rossi (la parola è sottolineata due volte) per la cara memoria dello Zio Ruggero.". La lettera è datata 9 gennaio 1972, una anno dopo Pierina muore in un incidente stradale a Morgex, in Valle d'Aosta.
Stefano Viaggio
Saint-Pierre, Valle d'Aosta, 5 agosto 2018

I testi dei documenti citati e riportati, contengono spesso errori di battitura e imprecisioni nella lingua italiana. La scelta è stata di non apportare nessuna correzione.
Si ringrazia il Prof. Ugo Mancini per la collaborazione.
Fonti
Fascicolo Baccini Ruggero - Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, unità archivistica busta 2128. Fascicolo Berneri Camillo - Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, unità archivistica busta 237. Fascicolo Baccini Silvio - Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, unità archivistica busta 3496. Fascicolo Vauthier Maria -  Archivio Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, unità archivistica busta 96171. 
Bibliografia
Paul Avrich "Sacco e Vanzetti. The anarchist background", Ed. Paperback, 1996
Mauro Canali "Le spie del regime"  Ed. Il Mulino, Bologna, 2004
Emilio Gentile "E fu subito regime", Ed. Laterza 2012
Carlo Giacchin "Attentato alla Fiera. Milano 1928" Ed. Mursia, 2009
Fabrizio Giulietti "Il movimento anarchico italiano nella lotta contro il fascismo. 1927-1945" Ed. Piero Lacaita, 2003
Ugo Mancini "Lotte contadine e avvento del fascismo nei castelli romani", Armando Editore, 2002
Arnaldo Nesti "Anonimi compagni. Le classi subalterne sotto il fascismo", Ed. Coines, 1976




       


















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